Zuckerberg e Saverin fanno pace

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Tra i due co-fondatori di Facebook, Mark Zuckerberg ed Eduardo Saverin, sembrava non correre buon sangue, soprattutto in base a quanto reso pubblico nel recente film sul fenomeno sociale del quale erano gli ideatori, “The Social Network“, in cui il regista David Fincher racconta tutti i retroscena che ci sarebbero dietro alla fondazione di Facebook. La smentita a tali suggestioni sul loro rapporto arriva direttamente da Saverin, in un’intervista rilasciata al magazine brasiliano Veja, in cui Eduardo parla bene di Zuckerberg, affermando di non aver potuto rilasciare interviste in merito in precedenza a causa di un vincolo contrattuale che aveva stipulato con gli investitori di Facebook.

 

Sembrerebbe quindi che tra i due sia pace fatta, anche grazie alle dichiarazioni di Saverin, secondo cui Mark si sarebbe speso molto in fase iniziale del progetto per lavorare sulla buona riuscita di Facebook, puntando insindacabilmente sull’idea base del social network di loro creazione, che sarebbe diventata un punto forza. Stiamo parlando dell’assenza di pseudonimi nelle modalità di registrazione, secondo la quale chi si iscrive a Facebook sarebbe tenuto a farlo utilizzando sempre il proprio nome e cognome reali, senza ricorrere a soprannomi e nickname, come era consuetudine negli altri social network. Questa idea, sostenuta da Zuckerberg secondo le parole di Saverin, sarebbe stata proprio il fiore all’occhiello del successo di Facebook, rendendo il canale importante non solo per la creazione di nuove reti di amicizie, ma anche per chi avesse interessi politici, economici e commerciali, legati alla propria professione.

 

Rimane comunque una possibilità di dubbio per cui si potrebbe malignamente credere alla versione meno edulcorata data dal film di Fincher, anche prendendo in considerazione la decisione presa da Saverin di trasferirsi a Singapore, cambiando cittadinanza proprio pochi giorni prima della valutazione in Borsa delle azioni di Facebook, fatto che avrebbe giovato alle sue tasche permettendogli di pagare meno tasse di quelle che avrebbe dovuto affrontare rimanendo negli States.

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