Megaupload chiuso, vendetta di Anonymous: attacchi a Universal e Dipartimento della Giustizia

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Anonymous ha scelto come nuovo bersaglio il Dipartimento di Giustizia americano, la Universal Music, la RIAA, la MPAA, dopo l’annuncio della chiusura di Megaupload e dell’arresto del fondatore che rischia fino a 50 anni di reclusione. I siti Justice.gov e Universalmusic.com sono andati offline oggi pomeriggio, intorno alle 16,30. Stessa sorte è toccata ai siti Riaa.com e Mpaa.org. “Recording Industry Association of America—Department of Justice—Universal Music—all TT, all TANGO DOWN”, questo il messaggio twittato da Anonymous questa sera, con hashtag #OpMegaUpload. In totale, sette persone e due società sono stati incriminati per violazione del copyright, rischiando ora fino a 50 anni di carcere. Megaupload ha guadagnato circa $ 750 milioni grazie alla sua attività. Il Dipartimento di Giustizia ha definito la rimozione del popolare sito di file sharing come una dei “più grandi casi di violazione di copyright degli Stati Uniti”.

Oggi pomeriggio, la MPAA si è detta a favore dell’oscuramento di Megaupload, in quanto, è stato dimostrato che le forze dell’ordine possono intervenire con decisione per proteggere la proprietà intellettuale. La RIAA, nel frattempo, ha detto che si sente profondamente grata per l’arresto del fondatore di Megaupload. Cary Sherman, CEO della RIAA ha, infatti, sottolineato che “l’accusa delinea un progetto che mirava a generare profitti attraverso il furto della proprietà intellettuale altrui“. Tali parole sono state diffuse in un comunicato stampa apposito. La chiusura di Megaupload e gli attacchi di Anonymous sono avvenuti poco dopo la protesta del Web che si è oscurato in segno di protesta contro la legge antipirateria lanciata dal deputato repubblicano americano Smith, definita SOPA.

Sherman ha aggiunto, inoltre, di essere un sostenitore sia della SOPA che della PIPA. Quest’ultima legge darebbe al governo americano e ai detentori dei diritti d’autore ulteriori strumenti per limitare l’accesso ai siti cosiddetti “canaglia”, che sistematicamente violano il copyright di terze parti, diffondendo merci contraffatte, tra cui, appunto, film e musica, soprattutto quelle registrate fuori degli Stati Uniti.

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