La donna paralizzata che controlla il braccio bionico col pensiero

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Secondo uno studio della rivista medica The Lancet, una donna paralizzata è stata in grado di raccogliere oggetti, spostarli e posizionarli in un punto preciso, utilizzando solo una mano robotica, guidata dal pensiero. Jan Scheuermann, 52 anni, al momento dello studio, era paralizzata da anni dopo una diagnosi di degenerazione spinocerebellare. Il suo braccio robotico funziona mediante l’impianto di due sensori, di 4mm ciascuno, posti nella parte del cervello che si occupa del movimento, conosciuta come la corteccia motoria. Ciascuno dei sensori contiene circa 100 aghi, che sono in grado di raccogliere ciascuno informazioni da 200 cellule cerebrali.

Gli impulsi elettrici vengono convertiti in movimenti che il braccio robotico esegue: dopo l’allenamento pare che la donna possa utilizzare il braccio di routine e manipolare oggettiNon c’è limite al movimento con la decodifica umana,” ha affermato Michael Böninger, che ha lavorato allo studio, in un’intervista a Reuters, il quale ha sottolineato anche che il movimento “Diventa più complesso quando si lavora su parti come la mano“.

Il braccio bionico è, dunque, controllato dalla mente: modelli simili sono stati creati a partire dal 2006, in varie forme, anche se la precisione dei movimenti consentiti è stata messa spesso in discussione.

Secondo quanto presente nel rapporto,

La partecipante è in grado di muovere l’arto protesico liberamente su un piano tridimensionale di lavoro, già dal secondo giorno di allenamento. Dopo 13 settimane, ha eseguito sette movimenti dimensionali di routine. Il tasso medio di successo per il raggiungimento di compiti del genere è stato del 91,6%. La partecipante è stata anche in grado di utilizzare l’arto protesico per mettere in pratica movimenti abili e coordinati, che hanno portato vantaggi clinicamente significativi nei test di funzionalità dell’arto superiore. Nessun evento avverso è stato riscontrato.

La BBC ha citato il professor Andrew Schwartz dell’Università di Pittsburgh, il quale ha evidenziato che “nulla di meglio stato dimostrato finore”, nel campo della robotica.

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