Su Twitter l’80% dei profili sarebbe fake, il 20% sano.

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L’imprenditore Marco Comisani Calzolari, esperto web, in un’intervista su Corriere.it aveva dichiarato:”Ho pagato 20 dollari per ottenere 50mila follower su Twitter e 30 dollari per avere 6mila like sulla mia pagina Facebook” All’interno dei pacchetti di proseliti, continua a spiegare Calzolari, ci sono due categorie di utenti: «Quelli finti, creati da un bot ossia da un programma che genera automaticamente profili falsi, e quelli veri e iscritti a portali che propongono l’affiliazione come moneta di scambio» e l’80% sarebbero fake.

La reazione è stata immediata e infiammata soprattuto sul profilo Facebook di Layla Pavone amministratore delegato dell’agenzia di comunicazione Isobar e presidente della consulta digitale di Assocomunicazione. Ha chiesto spiegazioni sulla veridicità e trasparenza della fonte dalla quale Camisani Calzolari ha ricavato la percentuale dell’80% di fake. Calzolari ha immediatamente risposto di aver espresso una valutazione personale.

Layla Pavone ha ribadito che il compito dei giornalisti è quelllo di fare informazione corretta e trasparente magari grazie all’aiuto di analisi e ricerche approfondite che aiutino il lettore a capire le dinamiche di mercato. Anche lei, comunque riconosce l’esistenza di azioni fraudolente che colpiscono anche altri aspetti del web oltre che i social network. Ritiene che la maggior parte delle agenzie operino in modo corretto, e che il livello di engagement generato dai social media è frutto della qualità della relazione e dai suoi contenuti e non solo dal numero di “fan”. Le considerazioni di Layla Pavone sono state condivise dalla maggior parte degli operatori del settore tra cui Giorgio Marandola di Ideolo ha promosso la campagna I’am the 20%, io sono l’altro 20%. E anche Gabriele Cucinella, We Are the Social, che afferma di non aver mai comprato fan. Suggerisce, invece che è importante per aumentare gli utenti inserire contenuti interessanti, stimolare la conversazione e il dialogo. In conclusione è necessario chiarire il problema e tutelare chi opera in modo serio e trasparente, l’altro 20%, appunto.

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