“Homeless hotspots”, i senzatetto diventano antenne WiFi

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Molto spesso in città, quando siamo fuori casa, ricerchiamo in vano un punto d’accesso WiFi libero e gratuito: in Italia, a parte qualche rara eccezione, è davvero un’impresa trovare un hotspot che non richieda iscrizioni e l’inserimento di varie credenziali d’accesso certificate. Ad Austin, in Texas, però, il bisogno impellente di avere una rete wireless sempre a portata di mano è molto importante, tanto da trasformare i senzatetto in veri e propri hotspot mobili. Ad avere questa idea, l’agenzia di comunicazione Bartle Bogle Hegarty la quale ha coinvolto varie persone che non hanno fissa dimora in questo inusuale progetto, che ha già suscitato polemiche di diversa natura.

Tredici senzatetto, dunque, sono diventati altrettante antenne WiFi ambulanti in occasione del festival di tecnologia, musica e film South By Southwest. Per alcuni senza-casa, diventare utili alla società, seppur in un modo alquanto strambo, rappresenta una modalità mediante la quale coltivare la possibilità di reinserirsi nella società, consapevoli di tutte le difficoltà del caso. Insomma: tredici persone che non hanno soldi, né una casa accogliente, né un conto in banca eppure diventano dei soggetti 4G WiFi, equipaggiati di magliette di presentazione, sulle quali è scritto a chiare lettere “Sono un hotspot 4G” e di bigliettini da visita. Essi circolano maggiormente nelle aree in cui si concentrano più persone, offrendo loro una connettività veloce e la garanzia di poter accedere a Internet senza troppi convenevoli.

I clienti che usufruiscono di queste postazioni mobili Wifi umane, possono donare anche una propria offerta personale all’hotspot di turno, in contanti o via PayPal: a prescindere dalle eventuali donazioni economiche, i senzatetto sono regolarmente pagati 20 dollari al giorno. Anche se il progetto dell’agenzia si presenta come un gesto caritatevole, c’è chi ha messo in dubbio l’etica e la reale utilità di questa iniziativa, in primis il New York Times e anche Tim Carmody, blogger americano di Wired, per i quali non si possono trasformare persone in infrastrutture di connessione, come se si vivesse in una sorta di mondo fantascientifico

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