Apple: tutti gli escamotage per pagare meno tasse

Home > Apple > Apple: tutti gli escamotage per pagare meno tasse

Che le tasse incidano sul bilancio delle aziende è cosa ampiamente nota. Questo vale per le piccole imprese che in Italia rappresentano l’ossatura del tessuto aziendale che per le grandi multinazionali. Si pensi ad esempio ad Apple e ai suoi grandi numeri: 28,57 miliardi di dollari di utile netto nel 2011 con previsioni di quasi 46 miliardi  di dollari nel 2012 (il nuovo iPad e iPhone 4S ricoprono un ruolo fondamentale sotto quest’aspetto). Si capisce perciò quanto sia importante la cosiddetta economia digitale per porre in essere strategie per pagare meno tasse. In concreto: se si trasferisce un ufficio da Cupertino (in California) a Reno (in Nevada), la società di Tim Cook non deve versare neanche un dollaro al fisco degli Stati Uniti d’America.
Perché?
Semplicemente, perché in California le tasse sulle aziende sono dell’8,84%, mentre in Nevadazero”. Esatto. Nulla (chissà cosa penseranno i tartassati imprenditori di casa nostra).
Secondo il New York Times, che ha messo in evidenza alcuni escamotage a cui Apple ha fatto ricorso per pagare meno tasse, la società di Cupertino ha creato diverse filiali in zone dove le tasse sono bassissime (Isole Vergini Britanniche, Olanda, Lussemburgo ed Irlanda). Queste sede legali garantiscono tantissimi benefici alla “Mela” che, secondo i principali analisti, si accinge a polverizzare ogni record nei profitti.
In somma il comportamento dell’azienda numero uno al mondo per incassi non differisce più di tanto da quello di un’altra che magari si occupa della vendita di beni in un altro settore.
Il problema è che quest’azienda di un altro settore non riesce ad ottenere gli stessi benefici, come dimostrano i vantaggi ottenuti dalle società tecnologiche, soprattutto da quelle che ottengono profitto principalmente da beni immateriali (canzoni da scaricare, brevetti sui software o sulle app e, infine, diritti di copyright).
Non è infatti un caso se nel 2010 e nel 2011 le 71 aziende tecnologiche facenti parte dell’indice borsistico Standard&Poor’s 500, hanno pagato insieme circa un terzo in meno rispetto ad aziende appartenenti allo stesso indice, ma non orientate alla tecnologia.

Lascia un commento