Anonymous blocca il sito della Cia

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Altro colpo messo a segno dagli hacker di Anonymous. Questa volta vittima del sabotaggio degli anonimi hacker è il Governo degli Stati Uniti. Difatti è stato colpito ed oscurato il sito della Cia, che tutt’ora è ancora inaccessibile. I vertici dell’intelligence americana non hanno ancora rilasciato nessuna dichiarazione ufficiale.

L’attacco è stata annunciato e rivendicato sul popolare social network  Twitter, usando addirittura una frase che è adoperata proprio nel gergo militare delle forze speciali: “Cia Tango down”. L’espressione  tradotta letteralmente significa “Obiettivo distrutto”, ed ha per l’appunto adoperata dalla Cia per comunicare quando un nemico è stato abbattuto. Il sito è inaccessibile dalle 24 italiane di ieri notte.  Inutile dire che in rete si sono immediatamente diffusi tantissimi commenti che esaltano l’ennesimo attacco di gruppo di ragazzi del web, dall’identità “ignota”  ma che ormai possiamo definire come veri e propri “indignati del web”.

Nelle scorse settimane, gli hacker avevano preannunciato un attacco all’altro popolare social netwotk, Facebook, ma forse è stata solo un operazione di depistaggio. Recentemente  comunque,  Anonymous aveva già colpito altri siti “strategici2 americani. Difatti per primo è stato oscurato il sito del Dipartimento di Giustizia americano, poi quello dell’Fbi e infine quello della Universal Music.

Il motivo scatenante è stato soprattutto quello inerente la chiusura di Megaupload, il popolarissimo sito dal quale era possibile scaricare file gratuitamente. La situazione difatti si è inasprita dopo l’approvazione delle due leggi che servono per tutelare la diffusione di materiale online protetto dal diritto d’autore: il Sopa, Stop Online Piracy Act, e il Pipa, Protect Ip Act.

Ma non è finita qui. Anonymous ha anche indirizzato i suoi attacchi verso obiettivi non americani. Infatti i suoi hacker sono riusciti anche a prelevare documenti considerati “top secret” dal server del parlamento tedesco, per non parlare delle email rubate a 78 consiglieri del presidente siriano Bashar Al Assad.

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