Provider: quali sono le responsabilità?

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La tecnologia applicata a Internet, in tutte le sue forme, dall’e-commerce ai social network, passando per i siti di informazione e servizio, rappresenta una sorta di filiera alla quale partecipano, a vario titolo, diversi soggetti.

In capo ai vari soggetti vi sono norme, principi e responsabilità da seguire, specialmente nella tutela dell’utente o consumatore finale.

Tra questi rientrano a pieno titolo anche i provider, ognuno con le proprie responsabilità in base alla sottocategoria di appartenenza.

I provider rivestono un ruolo importantissimo nel mondo della comunicazione multimediale, ma anche nella intermediazione commerciale e nella fornitura di contenuti per il web.

Dall’intermediazione alla fornitura di contenuti: il provider Partendo dal presupposto che un provider, o ISP (Internet Service Provider) è un termine che nell’accezione comune fa riferimento a un fornitore di servizi telematici, si distinguono in realtà diverse forme di intermediazione digitale tra impresa e utente finale.

Nello specifico l’Access Provider fornisce a singoli o aziende l’accesso a Internet tramite la connessione con un Host, mentre l’Host Provider in senso stretto, come richiama la parola stessa, si basa sul servizio di ospitalità, da quella di un sito web alla fornitura di caselle e-mail. Il Service Provider, noto anche con la sigla di sintesi “SP”, fornisce servizi Internet dietro la stipula di un contratto, e ne sono esempi classici gli operatori virtuali di telefonia mobile, che peraltro includono una serie di servizi aggiuntivi, come l’offerta di nomi di domini e caselle mail, ma anche sistemi software antivirus, archivi “cloud” con spazio in Rete per documenti, video e immagini. Tra i servizi proposti rientra anche l’accesso a piattaforme di streaming con contenuti on demand, in genere sulla base di partnership e accordi con le stesse. Il Content Provider si qualifica infine come un fornitore di contenuti, a vario titolo: dall’e-mail marketing alle pagine social, passando per il sito aziendale, il compito di questo tipo di provider è quello di strutturare e comunicare agli utenti l’identità del brand, anche tramite prodotti multimediali che richiedono competenze specifiche come grafici, designer, sviluppatori, videomaker, e così via.

I provider: livelli e tipologie di “responsabilità”

Secondo la dottrina e la giurisprudenza il content provider è responsabile a livello civile o penale qualora si configuri una violazione della legge, con particolare riferimento al tipo di attività realizzata per conto terzi, nonché al suo contenuto.

A questo punto alcuni esempi possono aiutare a chiarire le eventuali fattispecie: se  ad esempio un content provider si occupa di realizzare un sito aziendale e utilizza un software pirata, all’insaputa dell’impresa, commette un illecito, così come se utilizza delle immagini o delle foto coperte da copyright senza citarne la fonte, se copia e incolla testi già pubblicati, online o offline, o ancora se nei testi sono presenti forme di diffamazione verso soggetti terzi.                    Poiché si è parlato di software, va considerato anche un altro tipo di soggetto che crea contenuti per le imprese della Rete: la software house, che si occupa di sviluppare siti interattivi, ma anche prodotti come videogiochi e app, per conto delle aziende. Secondo la legge gli sviluppatori hanno responsabilità civilistica verso gli acquirenti, come sancito dall’articolo 25 del GDPR, in connessione al tema della tutela della privacy. Se dunque uno sviluppatore realizza una form interattiva di registrazione per un qualsiasi e-commerce, questa deve prevedere tutti gli step richiesti dalle legge. Ciò vale in particolar modo per servizi tutelati da specifica normativa, come ad esempio per un sito di incontri riservato ai maggiorenni, per una piattaforma, anche on demand, che veicola contenuti per adulti, per lo sviluppo delle app per scommesse nell’ambito del gioco legale a distanza, dove bisogna considerare anche fattori come i sistemi di pagamento, la regolarità dei giochi, il possesso di licenza ad operare, per la realizzazione di app finalizzate ai pagamenti digitali o allo scambio di criptovalute, e così via.                                                                                            

Gli esempi sono davvero infiniti, data anche la varietà di ruoli ricoperta dal content provider o dalla software house, e tenendo conto del fatto che il confine tra le varie professionalità coinvolte non è sempre così netto.                                 Per questo, a partire dalle varie leggi presenti in materia, è più che altro la giurisprudenza a indicare, via via, gli eventuali tipi di illecito che vengono a configurarsi e le relative responsabilità.

In linea generale, tuttavia, l’articolo 102 septies della direttiva copyright UE 2019/790 stabilisce che, in caso di divulgazione di materiale protetto da diritti d’autore, i prestatori di servizi, ovvero i provider, siano responsabili per gli atti non autorizzati e comunicati al pubblico, ovvero diffusi via web per conto dell’azienda committente. Le autorizzazioni possono essere ottenute anche tramite accordo di licenza, ad esempio se si chiede a un fotografo un’immagine sulla base delle varie opzioni di Creative Commons, o a un musicista un brano da abbinare a un contenuto, anche multimediale.

Nel caso in cui il provider sia un semplice “host”, questo non è responsabile se la trasmissione di informazioni illecite avviene in modo automatico e passivo, e se dunque la sua funzione è solo quella di mero intermediario. Anche nel caso del caching, se la memorizzazione dei dati in capo al provider è passiva, e non vengono manomesse le informazioni, questo si può dire sollevato da ogni responsabilità, così come se, una volta scoperti eventuali contenuti illeciti, questo si faccia carico di rimuoverli in maniera tempestiva dalla Rete.

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