Steve Jobs, co-fondatore e leader visionario di Apple, è stato ampiamente ammirato per il genio innovativo che ha dimostrato per invenzioni quali l’iMac, l’iPhone, l’iPod, e l’iPad, per non parlare di iTunes. Con la sua scomparsa, legioni di consulenti aziendali, docenti universitari e dirigenti d’azienda esaltano le virtù di Jobs, visto come un vero e proprio leader. Tale fama è meritata? Secondo il Financial Post no.
Jobs era un uomo complesso pieno di contraddizioni, dice il biografo Leander Kahney. Era un buddista Zen, portatore di una cultura del segreto e della sorveglianza sul posto di lavoro, tappezzato di telecamere che costantemente controllavano i suoi tecnici. Secondo il giornale online, dire che Jobs è stato un buon leader sarebbe un eufemismo. Il suo stile autocratico ed egoista ha creato una lotta di potere in Apple culminata con l’allontanamento da essa nel 1984, per poi tornarci nel 1997 per costruire Apple e trasformarla nella potenza globale che oggi è.
Lo stile di leadership di Jobs potrebbe essere definito come “bastone e carota“, con lode e l’adulazione, ma più spesso ai suoi comportamenti pare soggiacessero paura e critica. Jobs fu definito, da Fortune Magazine, un leader disumano e perfezionista, che bruciava la volontà dei lavoratori più motivati. Kahney ha affermato Jobs aggrediva verbalmente il personale. Fortune Magazine lo ha soprannominato, pertanto, “uno dei principali egomaniaci della Silicon Valley“. Se Jobs è stato un grande leader, che ha curato nel dettaglio praticamente tutti gli aspetti del business di Apple, come poteva non essere a conoscenza della situazione della Foxconn e come ha potuto permettere che tutto questo accadesse?
Le condizioni di lavoro negli impianti di produzione di Apple alla Foxconn in Cina, hanno portato ad una ondata di suicidi, nella quale 14 operai sono morti nel 2010. In risposta, Foxconn ha promesso salari notevolmente superiori per la produzione a Shenzhen e per monitorare, dunque, il fenomeno. Lo scorso gennaio, 150 lavoratori a Wuhan hanno minacciato il suicidio di massa a causa del peggioramento delle condizioni di lavoro. I dipendenti annunciarono di voler avere un aumento di stipendio, ma nessun cambiamento fu attuato.
Il fine giustifica i mezzi? Secondo queste motivazioni elencate dal FinancialPost, Jobs non è un leader da emulare perché il fine non può giustificare i mezzi: una produzione eccellente non può far leva sullo sfruttamento delle persone. L’idolatria dello stile della leadership di Jobs sarebbe in contrasto con la leadership utilizzata in generale nella nostra società. I leader autoritari non si preoccupano della volontà e delle esigenze dei loro seguaci. Essi basano l’intero sistema su meccanismi di coercizione e i seguaci devono condividere la visione del leader. Nei casi in cui il carisma e la ricchezza diventano le misure dominanti del successo, al posto del benessere sociale e dei comportamenti che riserviamo alle persone, i leader autoritari continueranno a comandare.