I pedofili hanno utilizzato i social media per adescare bambini e ragazzi per anni. Ma lo sapevate che Facebook ha in realtà software per monitorarli e fermarli, anche se la sua azione risulta alquanto inefficace?
Ecco uno sguardo approfondito di Reuters sul modo in cui le reti sociali cercano di proteggere i bambini:
“Non abbiamo mai voluto creare un ambiente in cui i dipendenti debbano controllare le comunicazioni private, quindi è molto importante per noi il modo di filtrare: usiamo una tecnologia che abbia un bassissimo tasso d’errore per la rilevazione di profili.” Spiega Joe Sullivan, Chief Security Officer di Facebook. “Inoltre, Facebook non scandaglia in profondità nei rapporti pre-esistenti.”
Un basso tasso di falsi positivi, però, significa anche che molte comunicazioni pericolose possano passare inosservate. Alcuni adulti hanno usato Facebook per indirizzare decine di minorenni e conquistare la loro fiducia, prima di averle aggredite.
Insomma, è un vero dilemma. Da un lato c’è un software che non compie al 100% il proprio lavoro e, dall’altro lato, ci sono Facebook e gli altri servizi sociali in possesso di un enorme quantità di nostri dati privati, che pare non si curino del fatto che vengano sistematicamente violati. Nessuno va a leggere le conversazioni che hanno tra loro i dipendenti, se non è necessario.
Ma il sentimento pubblico e le coscienze che si smuovono quando si tratta di pedofili, perché ci sono orrori veri che si svolgono anche attraverso i social media. Una cosa è dilettarsi in trascrizioni idiote ma innocenti relative al cybersex tra i ragazzi del college o gli adulti, l’altra, invece, è leggere le conversazioni tra un predatore sessuale e la sua giovane vittima. La stima delle conversazioni di stampo pedo-pornografico è agghiacciante: i bambini vanno controllati in rete, affinché non cadano nella trappola del pedofilo di turno che vuole tutt’altro che il bene del minore preso sotto tiro.