Secondo Patrick Charton della ANDRA, l’agenzia francese che si occupa di gestire le scorie nucleari, la realizzazione di un hard disk capace di salvare dati per un lasso di tempo complessivo pari a ben 10 milioni di anni è possibile e per poter ottenere un dispositivo di archiviazione di questo tipo sarebbe sufficiente un disco di zaffirro con incisioni a base di platino.
La dimostrazione di quanto sostenuto da Patrick Charton è data dal prototipo, mostrato all’Euroscience Open Forum, che è costato circa 25 mila euro e che ha come scopo quello di avvertire gli uomini del futuro che sotto determinate zone del suolo c’è un deposti di score nucrelari.
Sono infatti parecchi i paesi che credono che il modo migliore e, sopratutto, quello più sicuro per poter stoccare i pericolosi scarti radioattivi sia quello di provvedere alla costruzione di enormi bunker sotteranei ma, ovviamente, più ne verranno costruiti e maggiore dovrà essere l’attenzione che, in futuro, gli uomini dovranno prestargli.
Il modo più pratico per far giungere quest’informazione a quelli che saranno gli uomini del futuro è quindi quello di realizzare un nuovo, apposito e potete hard disk costituito da due diversi dischi di zaffiro industriale ciascuno dei quali caratterizzato da un diametro massimo di 20 centimetri.
Sun un lato, poi, vengono incisi immagini e testi grazie al platino e poi i dischi vengono fusi insieme molecolarmente.
Le informazioni memorizzate sul disco contengono 40 mila pagine miniaturizzate ed i futuri archeologi avranno la possibilità di leggerle sfruttando un microscopio.
Le informazioni potranno essere ancora leggibili tra 10 milioni di anni, così come stimato dai test condotti immergendo i dischi in un acido e testando la loro resistenza a simulare l’invecchiamento.
A questo punto l’unico punto interrogativo resta quello della scelta della lingua da impiegare per immagazzinare le informazioni: bisognerà adottare un linguaggio che anche tra migliaia di anni possa essere compreso.