Secondo quanto riportato dal sito Mashable, quest’inverno una ragazza di 21 anni, di nome Julia, ha deciso di visitare la pagina di Facebook dell’azienda svedese H&M, marchio internazionale di abbigliamento. La casa si abbigliamento si è ritrovata al centro di un dibattito nazionale sul trattamento delle donne on-line. Julie si è lamentata di una stampa posta su alcune felpe che, a suo avviso, ha trovato offensive. Sulle maglie, infatti, c’era Tupac Shakur, il rapper che è stato accusato di abusi sessuali nel 1993.
“Ciao HM“, ha postato. “Ieri, ho fatto un giro da H&M e ho scoperto che su una felpa c’era stampato uno stupratore condannato, che avete tranquillamente commercializzato”. Volete vendere una t-shirt con Hagamannen altrettanto rapidamente?” Hagamannen è il soprannome di Kurt Niklas Lindgren, un noto stupratore seriale svedese e il riferimento non è passato inosservato.
Nel giro di pochi giorni, più di 2.000 persone hanno commentato il suo post e la maggior parte dei commenti sono stati caratterizzati da sentimenti di odio e rabbia. C’erano persone che addirittura l’hanno minacciata di stupro e morte.
[Screenshot: blogg.amelia.se]
Per comprendere l’impatto culturale di questa storia, è necessario prima capire la parola svedese “näthat“. “NAT” si traduce in “web” e “hat” in “cappello”, anche se, in questo caso, prende l’accezione di “odio”. In sostanza, si tratta di un termine legato al campo della misoginia e del sessismo che viene utilizzato per descrivere il tipo di trattamento che ha ricevuto Julia. Sull’orlo delle lacrime, la ragazza ha spiegato che la sua delusione più grande è relativa al fatto che H&M non ha preso posizione e non ha cancellato nemmeno le minacce di morte e di stupro rivolte alla giovane. “È una situazione incasinata” ha detto. “Penso che questa sia la parte peggiore. Sono in grado di gestire qualunque cosa scriva la gente, anche le cose più becere, ma alla società una discussione del genere non frega, tantomeno di te”.