Nonostante stia continuando a crescere la consapevolezza sull’importanza della sicurezza cibernetica, nei primi sei mesi dell’anno ci sono stati ben 1.053 attacchi gravi a livello globale, in incremento del 24% rispetto allo stesso periodo del 2020, con una media mensile di 170 unità contro i 156 del 2020.
A citare le statistiche di cui sopra è l’ultimo report Clusit, secondo cui le perdite stimate per le falle della cybersecurity sono pari a 6 trilioni di dollari per il 2021, con un dato che sempre secondo gli esperti potrebbe essere sottostimato, considerato che nello studio sono assunti in considerazione solamente gli attacchi di pubblico dominio, mentre sfuggono dalla statistica molte altre tipologie di attacco.
Peraltro, afferma il dossier, è interessante notare come stia cambiando la strategia degli attaccanti: il numero delle violazioni gravi mirate verso singoli bersagli è un campanello d’allarme, considerato che sono caratterizzate da tecniche ramsomware con l’aggravante della double extorsion, ovvero della minaccia di diffondere i dati rubati alle vittime se non pagano il riscatto.
Ciò premesso, per quanto attiene il solo nostro Paese, Clusit evidenzia la necessità di compiere importanti investimenti nell’immediato. In tal senso, è auspicabile che il PNRR, che complessivamente ha scelto di allocare circa 45 miliardi di euro per la transizione digitale, possa rappresentare per l’Italia la giusta occasione per allinearsi con le best practices internazionali e colmare le proprie lacune anche in ambito di cybersicurezza, conducendo così a una riduzione significativa della superficie di attacco esposta dal Paese.
Contemporaneamente, non potranno che crescere in modo dinamico anche gli investimenti in formazione, visto e considerato che una parte non marginale degli attacchi cyber avvengono proprio a causa di una scarsa consapevolezza dagli utilizzatori dei sistemi informatici, come dimostra l’impennata di attacchi in epoca di smart working.