iLife e iWork disponibili per Android: è un fake

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Il fatto che Apple e Google e, ancor di più, iOS ed Android, stiano a farsi continuamente battaglia non è certo un novità, così com’è stato possibile apprendere più volte conseguenzialmente la lancio di nuovi prodotti, alla denuncia di specifici device e alle quisquilie legali inerenti i brevetti.

Quanto verificatosi nel corso delle ultime ore su Google Play sembrava però aver messo un punto alle continue diatribe tra i due colossi… peccato però che si è trattato soltanto di un fake.

Nelle scorse ore, infatti, alcune applicazioni targate Apple hanno fatto la loro comparsa sul marketplace per Android realizzato, appunto, da Google lasciando letteralmente di stucco tutti gli utenti in possesso di un device dotato del sistema operativo mobile del robottino verde e suscitando non pochi dubbi in merito alla natura dei software ed alla loro autenticità.

Nel dettaglio, su Google Play sono appare le varie app parte integrante della suite iWork, quali Pages, Numbers e Keynote al prezzo di 9,97 dollari, e quelle di iLife, quali iPhoto, iMovie e GarageBand al prezzo di 4,98 dollari.

Attenendosi all’icona e dal nome dello sviluppatore le app sono sembrate, apparentemente, l’esatta controparte di quanto reso disponibile per gli utenti Apple.

Trattasi tuttavia di uno sviluppatore che sfruttando il nome Apple ha certo di truffare gli utenti per cui dopo varie segnalazioni Google ha provveduto a rimuovere le app che nel frattempo potrebbero però aver messo a segno un certo numero di vittime.

La questione riporta a galla, purtroppo, il problema della sicurezza di Google Play che non gode delle stesse misure di protezione dell’App Store di Cupertino.

Inserire un’app maligna su Google Play, infatti, è decisamente più semplice che su App Store e la dimostrazione pratica giunge dai dati relativi all’incremento di malware in Google Play.

Si tratta di una conseguenza, in un certo senso prevedibile, della decisione da parte di Google di rendere il proprio store maggiormente aperto, permettendo a tutti di pubblicare software senza censure a priori, diversamente dal processo di filtraggio messo in atto da Apple per l’accesso delle app nell’App Store che pur essendo per certi versi discutibile va comunque a configurarsi come una maggiore garanzia di sicurezza in tal senso.

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