Foxconn, l’azienda in cui si producono anche strumenti Apple tra cui l’iPhone, ha ammesso che un “piccolo gruppo” di giovani tirocinanti dai 14 ai 16 anni ha lavorato nello stabilimento di Yantai, nel Nord Est della Cina, confermando la notizia diffusa da China Labor Watch (Clw), l’organizzazione non governativa per la difesa dei diritti dei lavoratori. Ha chiesto anche scusa ad ogni ragazzo e ha dichiarato che i giovanissimi sono solo stagisti che sono subito stati estromessi dallo stabilimento e rimandati a scuola.
In Cina l’età minima per lavorare è di 16 anni e i ragazzi che lavoravano alla Foxconn, secondo le dichiarazioni sarebbero stati accompagnati dagli insegnanti per svolgere un periodo di formazione lavorativa di da tre a sei mesi. Ma due mesi fa ci furono polemiche su internet perché si scoprì che questi stage per studenti delle scuole superiori erano forzati e obbligatori, pena la bocciatura. Lo Shanghai Daily ha svolto un’indagine ha scoperto, che i giovanissimi dovevano lavorare e ha denunciato il fatto suscitando un grande scalpore che è stato ripreso dal China Labor Watch. Secondo l’organizzazione non governativa la responsabilità principale ricade sulle scuole coinvolte che inviano minorenni al campus di Yantai, senza tenere conto dell’età. Ma anche e soprattutto la Foxconn è colpevole di non accertarsi dell’età dei suoi lavoratori. Inoltre gli stage erano forzati e si svolgevano nei periodi estivi degli ultimi tre anni. A questo punto la Foxconn ha dovuto ammettere che assumeva ragazzini, ma non ha mai rivelato quanti fossero, limitandosi a chiedere scusa.
La taiwanese Foxconn Technology Group impiega più di un milione di lavoratori in tutta la Cina ed è il primo produttore al mondo nel settore dell’elettronica. Negli ultimi anni – è al centro di forti polemiche per le condizioni di lavoro disumane dei suoi addetti. Condizioni che hanno provocato almeno 10 suicidi e, ultimamente, diverse rivolte e mega risse che hanno causato il ferimento di molti lavoratori. Il 5 ottobre è stata anche fermata la produzione per la protesta dei lavoratori sottoposti a pressioni aziendali sempre più forti sulla qualità dei prodotti.