Apple potrà clonare l’identità web degli utenti

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Viviamo in un mondo sempre più dominato dalla logica del Grande Fratello. L’era dell’elettronica ha dato origine a ciò che ora sono conosciuti come migliaia di “Piccoli Fratelli”, che sorvegliano Internet attraverso la raccolta di informazioni, in modo da formare profili elettronici su un utente, non attraverso gli occhi umani o attraverso la lente di una macchina fotografica, ma attraverso la raccolta dei dati. Questa forma di sorveglianza in rete tramite raccolta di dati è spesso definita come “dataveglianza“. In un certo senso, possiamo parlare di programmi automatizzati in grado di monitorare praticamente ogni azione degli utenti su Internet.

Tale analisi non viene conorata da un saggio FEP o da un articolo del New York Times ma da un brevetto appena assegnato ad Apple. Una delle proprietà di Apple ha vinto a febbraio un progetto di acquisizione dei brevetti di Novell, tecnologia che consente all’azienda di combattere gli aspiranti “Piccoli Fratelli” nella clonazione di identità digitali degli utenti. Il sistema opera in tre modi. In primo luogo, crea una falsa identità per l’utente. In secondo luogo, ci vogliono elementi di identità reali degli utenti, ad esempio gli interessi e simili, sulla base della cronologia del browser e i cookie, che si vanno a fondere con gli elementi che non rispecchiano l’identità dell’utente, creando un’identità ombra. In terzo luogo, crea effettiva attività di rete sulla base di tali aree di interesse mendaci, diffondendo su tutta la rete.

Si potrebbe parlare, dunque, di inquinamento digitaleApple sta sfruttando o potrebbe trarre vantaggio dallo spazio di archiviazione praticamente illimitato offerto da Internet per ingannare le persone. 

Ecco l’illustrazione:

Apple ha ora il brevetto per la tecnologia di clonazione, cosa farà con essa resta è tutto da vedere. D’altra parte, Apple potrebbe anche costruire un sistema standard di protezione della privacy in iCloud e altri prodotti Apple, per la protezione dell’identità.

Immagine Flickr, Donald Macleod

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